Secondi di carne
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Secondi di carne
Le vere specialità della gastronomia sarda sono costituite da svariate pietanze a base di carne, cucinata in diversi modi. Questi piatti si differenziano molto da quelli abituali degli altri paesi, sia per il modo tutto particolare della confezione, sia per la squisitezza intrinseca dei prodotti.
Il gusto singolare delle carni deriva in massima parte dalla qualità dei pascoli naturali che crescono spontaneamente, composti per lo più da erbe aromatiche, da fiori di cespugli selvatici e dai virgulti teneri della macchia mediterranea che ricopre quasi interamente le zone destinate all'allevamento. Per questo in Sardegna il sapore della carne è genuino, agreste, naturale. I capi preferiti e sacrificati alla gioia della mensa sono i maialetti da latte, i capretti e gli agnelli di pochi chili di peso, i vitelli e gli agnelloni di qualche mese, i cinghiali ed in generale tutta la selvaggina e la cacciagione.
La maniera più frequente e più semplice per confezionare la carne è l'arrosto che può essere eseguito con procedimenti diversi. Quasi sempre si prepara, possibilmente all'aperto, un fuoco alimentato da scelti pezzi di legna secca che si lasciano bruciare per un certo tempo. Quando i tizzoni ardenti incominciano a liberare le braci, il capo da arrostire, infilzato intero su un lungo spiedo di ferro o di legno, si accosta al calore. La cottura deve essere eseguita lentamente, con pazienza e con cura, dosando sapientemente le fiamme e stillando gocce bollenti di lardo acceso suIla carne. Questo accorgimento facilita e rende perfetta la cottura, dando alla carne un sapore prelibato, una colorazione dorata e un aspetto invitante.
Talvolta l'estro e la fantasia del buongustaio si scapricciano nella preparazione di una complicata pietanza che si compone di più capi uno dentro l'altro. Il più piccolo serve per farcire quello più grosso, partendo da un uccellino e terminando l'operazione con un vitellone. Questa specialità, per l'abilità che richiede, si chiama Su mallòru de su sabattèri, cioè il vitellone del calzolaio. Lo spiedo deve girare continuamente, per offrire al calore sempre una faccia diversa dell'arrosto e per impedire che le gocce succulente si disperdano.
L'altro sistema tradizionale usato per arrostire la carne, adottato dai pastori, è quello conosciuto col nome di a carràxiu, che crediamo sia esclusivo della Sardegna. Questa tecnica originale, consiste nella cottura sotterranea di un intero capo che viene disposto entro una buca, avvolto di erbe aromatiche e completamente ricoperto di terra. Un fuoco lento che brucia in superficie per oltre tre ore garantisce una perfetta confezione.
Le vere specialità della gastronomia sarda sono costituite da svariate pietanze a base di carne, cucinata in diversi modi. Questi piatti si differenziano molto da quelli abituali degli altri paesi, sia per il modo tutto particolare della confezione, sia per la squisitezza intrinseca dei prodotti.
Il gusto singolare delle carni deriva in massima parte dalla qualità dei pascoli naturali che crescono spontaneamente, composti per lo più da erbe aromatiche, da fiori di cespugli selvatici e dai virgulti teneri della macchia mediterranea che ricopre quasi interamente le zone destinate all'allevamento. Per questo in Sardegna il sapore della carne è genuino, agreste, naturale. I capi preferiti e sacrificati alla gioia della mensa sono i maialetti da latte, i capretti e gli agnelli di pochi chili di peso, i vitelli e gli agnelloni di qualche mese, i cinghiali ed in generale tutta la selvaggina e la cacciagione.
La maniera più frequente e più semplice per confezionare la carne è l'arrosto che può essere eseguito con procedimenti diversi. Quasi sempre si prepara, possibilmente all'aperto, un fuoco alimentato da scelti pezzi di legna secca che si lasciano bruciare per un certo tempo. Quando i tizzoni ardenti incominciano a liberare le braci, il capo da arrostire, infilzato intero su un lungo spiedo di ferro o di legno, si accosta al calore. La cottura deve essere eseguita lentamente, con pazienza e con cura, dosando sapientemente le fiamme e stillando gocce bollenti di lardo acceso suIla carne. Questo accorgimento facilita e rende perfetta la cottura, dando alla carne un sapore prelibato, una colorazione dorata e un aspetto invitante.
Arrosto di maialetto
Talvolta l'estro e la fantasia del buongustaio si scapricciano nella preparazione di una complicata pietanza che si compone di più capi uno dentro l'altro. Il più piccolo serve per farcire quello più grosso, partendo da un uccellino e terminando l'operazione con un vitellone. Questa specialità, per l'abilità che richiede, si chiama Su mallòru de su sabattèri, cioè il vitellone del calzolaio. Lo spiedo deve girare continuamente, per offrire al calore sempre una faccia diversa dell'arrosto e per impedire che le gocce succulente si disperdano.
L'altro sistema tradizionale usato per arrostire la carne, adottato dai pastori, è quello conosciuto col nome di a carràxiu, che crediamo sia esclusivo della Sardegna. Questa tecnica originale, consiste nella cottura sotterranea di un intero capo che viene disposto entro una buca, avvolto di erbe aromatiche e completamente ricoperto di terra. Un fuoco lento che brucia in superficie per oltre tre ore garantisce una perfetta confezione.
Altri piatti caratteristici della cucina sarda sono le pietanze a base di interiora. I grassi intestini di vaccina, is longus, vengono arrostiti avvolti intorno ad un grosso spiedo fino a diventare croccanti.
Sa corda o còrdùla è formata da un sostanzioso intreccio di viscere, cucinato arrosto o in un tegame con i piselli freschi.
Sa tratalìa o su tratalìu è costituita da una compatta e ben dosata schidionata di piccoli pezzi di coratella, alternati da sottili fette di lardo e di pane, avvolti dai teneri intestini di agnello o capretto.
In alcuni paesi del Logudoro una vivanda molto ricercata è fornita da su ortàu, la maggiore delle quattro cavità dello stomaco dei ruminanti, che si confeziona allo spiedo o in umido a spezzatino, con gli aromi delle erbe selvatiche.
Altri piatti caratteristici della cucina sarda sono le pietanze a base di interiora. I grassi intestini di vaccina, is longus, vengono arrostiti avvolti intorno ad un grosso spiedo fino a diventare croccanti.
Sa corda o còrdùla è formata da un sostanzioso intreccio di viscere, cucinato arrosto o in un tegame con i piselli freschi.
Sa tratalìa o su tratalìu è costituita da una compatta e ben dosata schidionata di piccoli pezzi di coratella, alternati da sottili fette di lardo e di pane, avvolti dai teneri intestini di agnello o capretto.
In alcuni paesi del Logudoro una vivanda molto ricercata è fornita da su ortàu, la maggiore delle quattro cavità dello stomaco dei ruminanti, che si confeziona allo spiedo o in umido a spezzatino, con gli aromi delle erbe selvatiche.
Sa còrdùla arrosto
Ma la pietenza più singolare della cucina rustica forse è data da sa brent' e sànguini, lo stomaco di piccoli animali, ben ripulito e riempito di sangue, verdure profumate, spezie e lardo tritato. Per conferire il sapore caratteristico a questa specialità si usa il puleggio o il mentastro e talvolta anche le favette fresche entrano come componenti di questo ripieno pruriginoso.
Costine di agnello arrosto
A casa le massaie danno prova della loro abilità nella preparazione di particolari intingoli, simili agli stufati, che prendono nomi diversi a seconda delle zone e delle varianti apportate. Di sicura origine spagnola è su ghisàu, lo spezzatino di carne con patate, mentre sa cassòla, che forse è pietanza locale, si avvicina più agli stracotti. Il coniglio e la lepre si cuociono a succhittu, in una salsetta ristretta piccante, nella quale entrano l'aceto, i capperi e gli odori.
Le pernici e quaglie sono per lo più rosolate e gli uccellini più piccoli cucinati al tegame, con un contorno di grassa carne di maiale e di olive amare. I merli ed i tordi sono lessati aromatizzati con le foglie di mirto ed infilati in un sottile ramoscello in un numero di otto per formare una tàccula. Infatti le grive si chiamano Pillònis de tàccula. Il fegato di maiale viene arrostito con uno spiedo che precedentemente è stato riscaldato e viene poi avviluppato dalla reticella di grasso.
Ma la pietenza più singolare della cucina rustica forse è data da sa brent' e sànguini, lo stomaco di piccoli animali, ben ripulito e riempito di sangue, verdure profumate, spezie e lardo tritato. Per conferire il sapore caratteristico a questa specialità si usa il puleggio o il mentastro e talvolta anche le favette fresche entrano come componenti di questo ripieno pruriginoso.
A casa le massaie danno prova della loro abilità nella preparazione di particolari intingoli, simili agli stufati, che prendono nomi diversi a seconda delle zone e delle varianti apportate. Di sicura origine spagnola è su ghisàu, lo spezzatino di carne con patate, mentre sa cassòla, che forse è pietanza locale, si avvicina più agli stracotti. Il coniglio e la lepre si cuociono a succhittu, in una salsetta ristretta piccante, nella quale entrano l'aceto, i capperi e gli odori.
Le pernici e quaglie sono per lo più rosolate e gli uccellini più piccoli cucinati al tegame, con un contorno di grassa carne di maiale e di olive amare. I merli ed i tordi sono lessati aromatizzati con le foglie di mirto ed infilati in un sottile ramoscello in un numero di otto per formare una tàccula. Infatti le grive si chiamano Pillònis de tàccula. Il fegato di maiale viene arrostito con uno spiedo che precedentemente è stato riscaldato e viene poi avviluppato dalla reticella di grasso.